Un anno dopo le alluvioni del giugno 2016, i francesi non sono al riparo dal rischio di inondazioni.

Le alluvioni dal 30 maggio al 6 giugno 2016 sono probabilmente un segno premonitore di un’alluvione su vasta scala, che non siamo ancora pronti ad affrontare.

pascal klein megasecureuropePascal Klein
Fondatore di MegaSecur Europe, ex ufficiale dei Vigili del Fuoco di Parigi

PHILIPPE WOJAZER / REUTERS
Vista della Senna il 3 giugno 2016.

Mentre il Canada orientale lotta contro le peggiori inondazioni da cinquant’anni a questa parte, precipitando nello stato di emergenza Montreal e di altre 125 comunità circostanti, e con lo stesso Primo Ministro Justin Trudeau ha stimato “che la frequenza di eventi meteorologici estremi sta accelerando in conseguenza del cambiamento climatico“, qual è i bilancio della Francia in merito alle eccezionali alluvioni che hanno gravemente interessato gli affluenti medi della Senna e della Loira lo scorso giugno? Beh, non è gran cosa.

Bilancio delle alluvioni di giugno 2016: un colpo di avvertimento

In una relazione pubblicata nel febbraio 2017 dal Ministero dell’Ambiente e dal Ministero dell’Interno (1), apprendiamo che i sistemi di previsione delle alluvioni possono essere notevolmente migliorati, che troppi comuni non dispongono di piani comunali di salvaguardia, che sono stati evidenziati limiti nelle competenze delle squadre di monitoraggio delle dighe e degli affluenti della Loira e che i programmi di aiuti finanziari per i privati istituiti dallo Stato non sono ancora stati pienamente realizzati. Trattandosi di un rapporto ufficiale, vi sono tutti i motivi per preoccuparsi.

Le alluvioni del periodo compreso fra il 30 maggio il 6 giugno 2016 possono essere il segno di un’alluvione di più ampia portata, e quel che è certo è che non siamo pronti a farvi fronte.

CAT NAT: Tassa ingannevole che mina la nostra cultura del rischio!

La Francia è orgogliosa di aver messo in atto un sistema di indennizzo solidale per le calamità naturali, altamente protettivo, ma che sostituisce pericolosamente lo sforzo per la protezione con la comodità del risarcimento. Dopo ogni alluvione vi è la corsa allo “stato di calamità naturale” (2)

Tuttavia, degli 861 comuni ad aver invocato lo stato di calamità naturale, più della metà non disponeva di un piano di prevenzione del rischio di alluvione (PPRI), il cui scopo è quello di regolamentare l’occupazione dei terreni nelle zone alluvionali. Un’aberrazione!

Le alluvioni del giugno 2016, anche se di modesta entità, sono costate 1,2 miliardi di euro, il secondo evento più costoso dalla creazione dello stato di calamità naturali dopo la tempesta Xynthia. Segno dei tempi, i premi Calamità naturali (cfr. Bilancio cat. nat 1982-2015) sono stati triplicati in trent’anni (1,6 miliardi nel 2015).

Questo piano andrà in frantumi alla prossima alluvione di vasta portata, e lo stato dovrà rimborsare gli assicurati indebitandosi. È scritto.

Per un secolo, il paese è stato risparmiato da alluvioni su larga scala, l’ultima grave alluvione si è verificata nella Senna nel 1910, tuttavia la probabilità che si verifichi una simile alluvione nella regione parigina è stimata in 1/100 all’anno. Un costo materiale calcolato dall’OCSE in 30 miliardi di euro.

Per quanto riguarda la Loira, la diabolica pratica di dimenticarsi delle catastrofi naturali è ancora più temibile. Centinaia di migliaia di cittadini credono di essere protetti dalle dighe costruite nel Medioevo, che avevano già ceduto in numerose occasioni fino al 1856, data dell’ultimo grande disastro.

Gli antichi conoscevano i rischi naturali. Oggi, tuttavia, l’eccessiva urbanizzazione, la destrutturazione degli ecosistemi, l’impermeabilizzazione delle superfici sono tutti fattori che aggravano le conseguenze delle perturbazioni climatiche eccezionali. Per non parlare del lassismo delle politiche pubbliche in relazione alle aree edificabili.

Dopo aver progressivamente sbarrato i nostri fiumi nel corso dei secoli, creando grani opere per rallentare il flusso delle acque, siamo giunti alla fine dello sfruttamento degli spazi naturali.

I PAPI sono efficaci? Niente è meno sicuro…

Successivamente, nel 2003, sono entrati in azione i Programmi d’azione per la prevenzione delle alluvioni (PAPI) volti a ridurre le conseguenze delle alluvioni sui territori attraverso un approccio globale al rischio, sostenuto da un partenariato tra i servizi dello Stato e gli attori locali. L’obiettivo di questi programmi su vasta scala: prevenzione attraverso centinaia di studi e scenari tra i più sofisticati sulle alluvioni per comprendere meglio i rischi e proteggere il territorio, principalmente attraverso misure strutturali di rallentamento dinamico o opere di protezione idraulica costate centinaia di milioni di euro (3).

Considerando i disastri degli ultimi decenni (Nîmes, Vaison-la-Romaine, Gard, Corsica…), si può ragionevolmente dubitare dell’efficacia di questi investimenti e, talvolta, di questi sistemi di protezione carenti.

Allerte meteo, allerte alluvioni, previsioni scientifiche, non siamo mai stati così bene informati sulle imminenti calamità naturali. Tuttavia, quando si tratta di proteggere efficacemente gli abitanti e i siti sensibili, non viene previsto nulla o quasi nulla.

In un momento di eccessiva regolamentazione, sembra che l’attendismo e l’inerzia assumano più importanza rispetto all’azione e alla protezione. Sì, il clima sta cambiando e sarà necessario prepararsi ad ciò e, no, i danni causati dalle alluvioni non sono inevitabili, perché è possibile proteggersi da essi se lo Stato e le autorità locali vogliono darsi i mezzi per farlo.

Quando oggi veniamo a conoscenza che un francese su quattro e un impiego su tre sono potenzialmente esposti alle alluvioni, dobbiamo imparare a conviverci e cercare di ridurre l’impatto di una simile catastrofe.

In che modo? Mettendo le attività più sensibili fuori dalla portata delle alluvioni, proteggendo le reti, dotandosi di dispositivi mobili di emergenza, sviluppando le zone umide, anche all’interno delle nostre città! Smettiamola di cementificare le nostre coste, creando bacini artificiali di dubbia efficienza e dai costi astronomici stimati in decine di milioni di euro. Protezioni passive, che non proteggono i cittadini dalle alluvioni torrenziali nei luoghi in cui vivono.

Sapendo che ci vorranno decenni per correggere gli errori del passato, non sarebbe forse il momento di compiere un passo avanti verso adattamenti resilienti e regole edilizie che integrino realmente il rischio di alluvione?

È giunto quindi il momento che gli attori pubblici smettano di biasimare sé stessi e definiscano chiaramente i compiti e le responsabilità di ciascun attore, senza dimenticare quelle del cittadino, primo attore della società civile. Dobbiamo darci da fare per cercare di proteggerci concretamente.

La Repubblica garantisce a tutti la sicurezza delle persone e dei beni? Allora dimostriamolo.

(1) Relazione CGEDD n° 010743-01 et IGA n° 16080-R
(2) https://www.lesechos.fr/idees-debats/cercle/cercle-157774-les-couts-caches-du-regime-cat-nat-2004732.php
(3) http://www.georisques.gouv.fr/ma_maison_mes_risques/